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Io non dimenticherò

Elena Frattali by Sardegna

 

Non ho voglia di dormire, pensò quella notte, si alzò dal letto, si vestì con cura, si pettinò, e uscì di casa. Il gelo le penetrava nelle ossa, ma era decisa ad andare avanti. Si dice che l’abbiano vista uscire di corsa, quasi scappando da qualcosa o da qualcuno, poi la videro mettere in moto la sua auto, e la videro sparire all’orizzonte. Da quella sera Marta non tornò più a casa sua. Ma io so cosa le è capitato, io ho seguito la sua ombra, l’ ho vista scendere dall’auto, inoltrarsi nella foresta, in un stato di trance dal quale nemmeno il rumore del rombo del mio motore riuscì a svegliarla. In verità non la seguii, ma so dove stava andando perché la mia mente si era messa in contatto con la sua e come una telecamera con primi e secondi piani e tutto il resto mi permise di seguirla passo per passo nell’intimo dei suoi pensieri. No, non ve li rivelo i suoi pensieri, almeno quelli più intimi, sono miei e suoi, ma so che sta bene, sta bene, ne sono certo. Appena vide quella luce si arrestò, non era stupita, sapeva che stavano aspettandola, a me arrivò il suo pensiero: “sono arrivati”, questo ve lo posso dire. Quello che non sapeva è che l’avrebbero presa con loro e posso dirvi solo che ne fu felice, di quella felicità che ti danno le cose inattese. Mi trasmise la luce dei loro occhi, le loro labbra sottili, i loro sguardi intelligenti. Mi trasmise le lacrime che versò al primo contatto con uno di loro, lacrime di gioia, come se il tormento lasciato qui, improvvisamente fosse lontano, distante miglia e miglia dal suo cuore. Si sentì leggera Marta, come mai le era stato tanto difficile fino ad allora capire il significato dell’esistenza? E adesso era lì, davanti a lei, chiaro come una giornata cristallina. I significati più reconditi delle cose le sfilavano davanti agli occhi, come emersi dagli abissi. Ed io ero lì, sospeso tra la leggerezza del suo pensiero e la pesantezza plumbea del mio. Ho creduto di sognare, o forse sognavo per davvero, ma ho voluto interrompere quel sogno in nome della sacra realtà. Ma quando l’ho cercata, la realtà, non c’era. L’unica verità era quella possibilità di immergermi ancora nel sogno, questa volta con più veemenza. Allora dei fili d’argento mi hanno condotto nuovamente a lei, l’ho ritrovata, mentre banchettava coi nuovi amici. Si è rivolta verso di me, salutandomi con un muto sorriso, ma io ho sentito i suoi pensieri, ve l’ ho detto che li sento, mi era grata di vedermi li, non per se stessa ma per me. Poi mi sono svegliato, madido di sudore, nella mia stanza, la sveglia mi ha chiamato un po’ compassionevole, io l’ho messa a tacere cercando di catturare fino all’ultimo soffio di quel vissuto e proprio quando tutto stava per svanire nella nebbia  lei mi ha chiesto di non dimenticare e io non dimenticherò.

 

Caro Direttore

by Elena Frattali

Caro Direttore

Non si aspetti una lettera formale, che da me mai riceverà.

Le  invio questa mia per chiederle un aumento di stipendio. Si glielo dico così senza preamboli, un aumento di stipendio. Perché quel sorriso ironico? Che valore dà lei al tempo che gli altri trascorrono nel suo ufficio a sbrigare le pratiche che le servono per arricchirsi? Mi dica, che valore ha per lei la vita di una persona? Crede che il mio tempo sia meno prezioso del suo? Certo lo so bene quali saranno  le ragioni che addurrà per dirmi che non è possibile soddisfare la mia richiesta, tutte ragioni che stanno semplicemente in relazione a un mondo strutturato cosi come è strutturato questo, ma se capovolgessimo la prospettiva, crede che le sue ragioni sarebbero ancora così valide? No, di certo sono valide solo ed esclusivamente secondo questo sistema di valori. Se invece considerassimo quanto il lavoro ripetitivo e sterile d’ufficio possa distrarre ogni individuo dalla ricerca di sè stesso, allontanarlo dallo scopo per il quale si trova qui sulla terra, vedrebbe come il valore del tempo a questo dedicato salirebbe di colpo. Non ci sono affatto corrispondenze tra il danno arrecato e il valore corrisposto. Che mi dirà adesso? Che nessuno dei suoi impiegati si è mai sognato di dirle una cosa del genere? Cosa crede che io stia perdendo nel dirgliele? Cosa guadagnano gli altri nel non dirgliele?

 

P.S. Lei metterà di certo da parte questa mia lettera, ma non la butti nella spazzatura, la prego, la conservi in luogo sicuro, e se un giorno avrà la fortuna di spogliarsi delle sovrastrutture che condizionano la sua mente, la rilegga, forse allora capirà le mie ragioni.

Con affetto

Sara

 

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