FESTIVAL DI SANREMO:

Cronistoria di un miracolo tipicamente italiano

 

 

Nato molto probabilmente con i fondi rimasti del piano Marshall prima che ci potessero mettere le mani, i sottosegretari del settimo governo De Gasperi, anticipando il primo censimento della popolazione italiana e sicuramente detonatore della prima bomba termonucleare(H) sperimentata in Corea nel novembre del 52. E’ con queste credenziali che si presenta il Festival della canzone italiana.

E’ ospitato dalla città di Sanremo, ovvero la località che diventerà sinonimo di miti, di delusioni e di scandali. Esempio vivente di come, una ridente cittadina del litorale ligure, può diventare per alcuni giorni dell’anno, la capitale italiana.

Ogni anno non esiste Roma caput mundi, non esiste Milano caput industriae, non esiste Venezia... caput e basta. Il centro dell’attenzione si sposta sulla riviera ligure in questo angolo di mondo ricordato altrimenti solamente per alcune varietà di fiori .

Così inizia sul finire del gennaio 1951, la storia di Sanremo. Con un inno di autocelebrazione.

 

Nilla Pizzi, detta la regina della canzone italiana, si impone in quella prima e lontana “chermesse” musicale con, appunto, “Grazie dei Fior” di Testoni-Panzeri-Seracini battendo se stessa ed Achille Togliani giunti secondi con “La Luna si veste d’Argento” e staccando il terzo classificato Achille Togliani con “Serenata a nessuno”. Non c’è niente da ridere. I cantanti erano solo tre: Nilla Pizzi, Achille Togliani e il Duo Fasano.

Ora mettetevi nei panni del Duo Fasano, unico gruppo partecipante a Sanremo 1951. Su tre partecipanti si piazza quarto (grazie ad Achille Togliani che cantava in coppia con loro).

 

Nel 1952 le cose cambiano agli interpreti già citati si aggiungono Oscar Carboni e Gino Latilla. Vince ancora Nilla Pizzi con “Vola colomba”, ma non le basta, si piazza anche seconda e terza. Oscar Carboni, nonostante il nome si deve accontentare del quarto posto con il brano “Madonna delle rose”. Gino Latilla arriva quinto e sesto. Ed il Duo Fasano ? Undicesimi! Su cinque interpreti arrivare undicesimi è il massimo della sfiga. Da notare come in un solo anno si sia passati dalla flora alla fauna con una facilità incredibile. Suicidio di massa del Duo Fasano. Non si sentirà praticamente più parlare di loro.

 

Nel 1953si impone la canzone “Viale d’autunno”. Segno inequivocabile che i titoli sui fiori e sugli animali, cominciano a tramontare. Da notare che in questo Festival si presentano per la prima volta Teddy Reno (meglio conosciuto come il pedofilo che si fece GianBurrasca) e Flo Sandon’s (l’unica cantante del panorama nazionale di allora con il nome di una profumeria)

 

1954. Fanfani tenta un monocolore DC ma la camera non lo approva. No lo approvano neppure Achille Togliani e Natalino Otto che gli dedicano “Donnina sola”, sicuramente antesignana delle canzoni politiche degli anni 70. Gino Latilla e Giorgio Consolini danno il via al predominio delle mamme con “Tutte le mamme”, che vince la manifestazione. Seconda si piazza Canzone da due soldi (una riduzione dell’Opera da tre soldi di B.Brecht).Appare per la prima volta il Quartetto cetra e, come già ricordato, Natalino Otto. I multipli del due si fanno strada.

 

Nel 1955 il “Reuccio” della canzone italiana Claudio Villa, si presenta ed arriva subito primo e secondo con ”Buongiorno tristezza” e “Il torrente”. Lo accompagna il cugino del panettiere del suo rione, Tullio Pane, uno che riusciva sempre a far lievitare l’audience. Nasce il patto di Varsavia e per l’occasione, presenta il suo primo festival, Maria Teresa Ruta, in attesa di apparire in televisione nei primi anni ottanta ( ma quanti anni ha?)

 

1956. C’è bisogno di aria nuova per una Sanremo che comincia a segnare il passo. Ci pensano Pinchi-Panzuti con “Aprite le finestre” cantata da Franca Raimondi, una mondina di pugliese praticamente semisconosciuta prima del festival, ma che grazie a questa partecipazione, rimarrà tale per il resto della sua vita. Tra le canzoni finaliste c’è anche “Musetto” composta da un certo Domenico Modugno, in arte Mimmo, per la fidanzata “Mi” o “bel baffettino mio”, di cui sentiremo parlare più avanti persino da Marco Pannella.

 

Il 1957 è anno della restaurazione e del primo lancio spaziale da parte della Urss, lo Sputnik 1, niente a che vedere con i Pooh. Torna il Reuccio della canzone, Claudio Villa, e come al solito fa man bassa, anche perché, dall’alto del suo il metro e sessanta, è la cosa che gli riesce meglio. Arriva 1° e 2°). Partecipa, come concorrente, un certo Gianni Ravera ,da non confondere con il calciatore, e neppure con il parlamentare. Sarà la prima e l’ultima volta, visto che poi cambierà mestiere e si metterà a fare l’organizzatore. Ravera non Rivera.

 

Si arriva così al 1958 anno in cui ci saranno le elezioni politiche. Berlusconi, giovane cantante di Piano bar, aveva cominciato a chiederle l’anno prima. Ci saranno a maggio. Una giovane soubrettina, Marisa del Frate, dedica una canzone al papa dal titolo: “E’ molto facile dirsi addio”. Il Papa, Pio XII, ringrazia e muore nel mese di novembre. Amintore Fanfani apprezza in maniera particolare “L’edera” simbolo di tenacità e di perdurare nel tempo, infatti è rimasto lì tutta la vita. “L’edera” ha pure altri grossi estimatori. Infatti sono ancora lì alla faccia della Seconda Repubblica. E’ comunque l’anno di Domenico Modugno che stravince il festival con “Nel blu dipinto di blu” una canzone che celebra il periodo omonimo di Pablo Picasso.

 

La situazione meteorologica non è il massimo nel 1959. Si classificano 1° “Piove” scritta e cantata da Mimmo Modugno, 2° “Io sono il vento” (mitica l’interpretazione di Arturo Testa) e 3° “Conoscerti” interpretata da Teddy Reno (dal titolo s’intravede la spasmodica attesa di una Burrasca in arrivo, magari di nome Gian e di cognome Pavone). E’ logico che il tempo condizioni anche la politica. Si forma il secondo governo Segni con l’appoggio delle destre. Parecchi comunisti preoccupati di come stanno andando le cose emigrano a Cuba ed aiutano Fidel nella presa dell’isola. Il fatto più eclatante, risulta comunque l’interpretazione a sfondo sessuale della canzone “Tua” di Jula de Palma. Ne resta sconvolto persino il parlamento italiano. C’è’ chi arriva a dire che sembrava cantata sulla porta di una camera da letto. Del resto quando il tempo è brutto è pur sempre la soluzione migliore.

 

1960. Anno di nascita di mio cognato. So che non centra niente, ma non vorrei che si sentisse escluso. Per quanto riguarda il Festival è l’anno della svolta. Non si canta più. I sentimenti vengono gridati e amplificati dai db degli amplificatori. Vince il festival Tony Dallara, macellaio-pittore-disadattato che sovrasta tutti, soprattutto, il piccolo Renato Rascel che canta con lui “Romantica”. Segue la scia Mimmo Modugno con “Libero” e un certo Joe Sentieri detto il Vasco Rossi degli anni ‘60, per una certa propensione all’alcool. John Fitzgerald Kennedy viene eletto presidente degli Stati Uniti, grazie alla magnifica interpretazione di “Noi” fatta da Jula De Palma,. Un grazie particolare delle Sinistre ad “E’ vero”, cantata da Teddy Reno e dalla giovane Mina, che fa crollare il governo Tambroni.

 

Iniziano così i mitici anni sessanta, gioia e dannazione del giornalista italocubano Gianni Minà. In una società italiana dove il tasso di crescita supera le più rosee previsioni, dove tutto è un frenetico accaparrarsi (a rate) di agiatezze mai conosciute, mentre all’estero imperversano blues e rock&roll e a Liverpool quattro ragazzini stanno mettendo a punto la più grossa rivoluzione musicale dai tempi di Verdi, Sanremo 1961 non si tira indietro e accetta la sfida. Il giovane Mogol non ha ancora incontrato Lucio Battisti eppure sfodera una canzone vincente assolutamente adeguata: ”Al di là” cantata da Betty Curtis e Luciano Tayoli. Il pezzo è rivoluzionario e recita testualmente “ Al di là del bene più prezioso ci sei tu. Al di là dei limiti del mondo ci sei tu. Al di la delle cose più belle al di là delle stelle Ci sei tu solo tu “. Nello stesso anno si affaccia alla balaustra nel salone delle feste del Casino’ di Sanremo, il peggior virus importato dal centro Africa dopo l’Hvs ed Ebola: Adriano Celentano. Canterà, dimenandosi oltremodo, una brano della Perugina scritto da Giulio Verne: “24mila baci” . E’ un trionfo come dirà in seguito Aldo. La Perugina viene quotata in borsa. Scricchiolano le relazioni diplomatiche con la Svizzera,

 

Il 1962 è tutto un fiorire di proposte rivoluzionarie che arrivano in finale e si aggiudicano il 1°, 2° e terzo posto rispettivamente “Addio Addio”, ”Tango Italiano” e rispettando le tradizioni nautiche del nostro stivale “Gondolì gondolà”. Siamo all’apoteosi. Per la gioia e lo stupore, Giovanni XXIII apre il Concilio ecumenico Vaticano II, Fanfani forma il suo quarto governo ed Antonio Segni si fa eleggere Presidente della Repubblica, ma solo dopo aver messo una mano sul capo del giovane figlio e aver pronunciato le storiche parole: ”Vedi Mariotto! Tutto questo un giorno sarà tuo, ma stai attento ai cantanti da Night di nome Silvio.“ Il Cuore, inteso come libro, non fa rima con amore come nelle canzonette, ma può essere più letale.

 

1963. Viene affidato a Moro l’incarico di formare il governo. L’allora giovane statista, dopo aver ascoltato la canzone finalista del festival “Non costa niente” di Johnny Dorelli, ha una grave crisi di coscienza e rinuncia all’incarico. L’impatto delle canzoni che arrivano prime a Sanremo è comunque di gran lunga peggiore. ”Uno per tutte”, interpretata da Tony Renis ed Emilio Pericoli, canzone vincitrice di quel disgraziato anno provoca in un colpo solo: la scomparsa di GiovanniXXIII, l’assassinio di J.F.Kennedy e soprattutto il primo governo Leone. Una tragedia.

 

Ed eccoci al mitico 1964. Si smorzano gli echi rivoluzionari del rock. Una bambina di 17 anni con voce nasale e fisico insignificante (come dire “presenza scenica” uguale a zero), intenerisce le giurie del Festival con “Non ho l’età”, e si aggiudica inaspettatamente lo stesso. Gigliola Cinquetti, questo è il nome della ragazzina, rifiuta pubblicamente una scopatina adolescenziale diventando lo stereotipo di quelle che,... potrebbero ma non lo faranno mai.... La scusa dell’età è eloquente nel modo in cui è posta, soprattutto nel ritornello:

“Lascia che io viva un amore romantico, nell’attesa che venga quel giorno , ma ora no.....non ho l’età” Grazie a questa perla di Sanremo siamo costretti oggi a “pupparci” per esempio ..Formigoni. Giuseppe Saragat viene eletto presidente della repubblica. Cominciano i brindisi.

 

Nel 1965 anno di transizione. “Se piangi se ridi” cantata da Bobby Solo vince il festival. Alcuni non accettano la sconfitta insinuando che Bobby è truccato. Il cantante ribatte che anche Mike Bongiorno si trucca ma non per questo viene contestato come presentatore. Comincia in Cina la Rivoluzione Culturale. Milioni di cinesi sfilano davanti a Mao cantando in coro “Le colline sono in fiore”, Mao li ripaga con una citazione sul Libretto Rosso: ”Il mondo è vostro, come è nostro, ma in ultima analisi è vostro. Voi giovani, pieni di vigore e vitalità, siete nel fiore della vita, come il sole alle otto o alle nove del mattino. le nostre speranze sono riposte in voi. Il mondo vi appartiene.” Il presidente Saragat, commosso, alle otto del mattino si fa il primo quartino. Alle nove è già fatto come una “tegola”.

 

“Dio come ti amo “ cantata da Modugno e dalla Cinquetti vince il Festival del 1966. E il momento della fusione tra PSI e PSDI il nuovo partito si chiamerà PSU. Con questo enorme sforzo di fantasia si fanno largo le idee di Marcuse che porteranno al 1968. Tra le finaliste che hanno inciso sull’Italia del 1966 non si può non ricordare “Nessuno mi può giudicare” di Caterina Caselli inno alla spregiudicatezza delle donne in carriera (Caterina diventerà proprietaria della casa discografica CBS, grazie alla sua voglia di fare, alle sue idee innovatrice, alla sua spregiudicatezza intellettuale e, soprattutto, grazie al matrimonio col suo ex datore di lavoro). Un piccolo cenno anche a “Alla buena de dios” cantata dal un gruppo di ribelli reduci dalla campagna di Cuba del 1959.

 

1967. Ondata di agitazioni ed occupazioni nelle università italiane. Stanchi di un Festival di Sanremo, sciatto e restauratore, i giovani vogliono incidere di più sulle scelte che vengono fatte per loro. “Non pensare a me” e “Quando dico che ti amo” classificatesi ai primi posti, non soddisfano il bisogno giovanile del periodo. “Proposta” dei Giganti, il pezzo di punta inviato a Sanremo dal movimento studentesco arriva a stento al terzo posto. Sta per provocarsi una frattura tra i giovani ed il mondo della musica leggera italiana. Le altre proposte di spinta giovanile che sono: “La Rivoluzione” di G. Pettenati, “Pietre” di Gian Pieretti e “Cuore Matto” del rokkettaro “evergreen” Little Tony arrivano a stento tra le dodici canzoni finaliste ma poi vengono bistrattate. “Rischia di andare tutto a ‘48 anzi direi di più a ’68 ” sentenzia con una certa ironia il giovane filosofo Buttiglione. Per la prima volta e certamente l’ultima le sue parole si avverano.

 

Scoppia il ‘68. Formidabili quegli anni, come intitolerà un suo libro, Mario Capanna leader Movimento Studentesco di allora e riservato politico oggi. Formidabili veramente per tutte le parti sociali. Qui non si da torto ne ragione a nessuno, ma sicuramente il fermento sociale e politico di quel periodo ha finito per condizionare tutta l’Italia sino ai nostri giorni. Nel bene e nel male.

 

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